Approfondimenti

L’intelligenza artificiale cambierà il lavoro: ecco cosa pensano gli esperti italiani

Un’indagine unica sul futuro dell’AI in Italia. Il report "Il Lavoro Bionico" rivela scenari, rischi e opportunità per imprese e manager.

Come cambierà il lavoro nei prossimi anni? Quale sarà il ruolo dell’intelligenza artificiale nella crescita delle imprese italiane? E l’Italia è davvero pronta per coglierne il potenziale?

Il concetto di lavoro, così come lo conosciamo, è destinato a cambiare radicalmente: a delinearne i contorni è il nuovo report “Il Lavoro Bionico”, realizzato dall’Associazione Gianroberto Casaleggio. Frutto di un confronto strutturato tra 30 esperti italiani provenienti dal mondo della tecnologia, delle imprese, della ricerca e delle istituzioni, lo studio adotta il metodo Delphi per indagare gli scenari più probabili sull’evoluzione del lavoro nei prossimi anni. Il report affronta l’intelligenza artificiale non solo come tecnologia, ma come forza trasformativa dell’intero sistema economico e sociale, evidenziando i punti di convergenza e i nodi critici che attendono aziende, lavoratori e governi.

“Non siamo davanti a una semplice transizione tecnologica, ma a una trasformazione culturale e politica che riguarda la natura stessa del lavoro”, afferma Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione e curatore dello studio. “L’Intelligenza Artificiale è il più grande moltiplicatore di produttività dal dopoguerra. Sta a noi trasformarla in benessere diffuso, non in disoccupazione di massa.  Con questo studio vogliamo offrire strumenti di comprensione e orientamento per chi ha la responsabilità di decidere oggi cosa sarà possibile domani.”

 

Sei aree tematiche strategiche

Il report esplora sei aree fondamentali per capire l’evoluzione dell’AI in Italia:

  1. Visione futura dell’AI. L’AI sarà una tecnologia pervasiva, destinata a diventare un’infrastruttura strategica per ogni settore.
  2. Competenze e formazione. Il capitale umano è oggi il punto debole. Serve una formazione continua, trasversale e accessibile.
  3. Impatto sul lavoro. Il concetto di lavoro bionico (la collaborazione uomo-macchina) emerge come nuovo paradigma organizzativo.
  4. Etica e governance. L’urgenza di norme, trasparenza e controllo è condivisa, ma con visioni diverse su tempi e modalità.
  5. Opportunità per l’Italia. L’AI può essere un volano di crescita, se trattata come asset strategico nazionale.
  6. Tecnologie e infrastrutture. Senza cloud, dati condivisi e ricerca, non può esistere un ecosistema AI competitivo

 

Gli esperti si dividono su alcuni temi chiave

Uno degli elementi più interessanti del report è il fatto che non tutti gli esperti sono d’accordo. Emergono visioni diverse su:

  • Quanto velocemente l’AI cambierà il lavoro
  • Se convenga centralizzare o decentralizzare i dati
  • Quando introdurre regole etiche: subito o dopo la sperimentazione
  • La reale capacità dell’Italia di competere a livello globale
  • Il ruolo dell’AI nella creatività umana


Collaborazione uomo-macchina, nuove competenze e welfare del futuro

L’impatto occupazionale globale dell’intelligenza artificiale potrebbe essere significativo: si stima che tra il 15 % e il 60 % della forza lavoro possa essere automatizzato entro il 2035, con variazioni legate ai diversi settori e alle scelte di policy adottate. In Italia, si prevede che circa 1,68 milioni di posti siano potenzialmente sostituibili; tuttavia, l’adozione dell’IA potrebbe portare a un incremento dell’8 % del PIL annuo. L’effetto netto su occupazione ed economia dipenderà in larga misura dalla capacità delle imprese di innovare rapidamente.

Secondo le proiezioni per il 2030, il mondo del lavoro sarà suddiviso in tre grandi categorie: un terzo dei ruoli sarà svolto interamente da esseri umani, un terzo sarà “bionico”, cioè caratterizzato dalla collaborazione tra uomo e intelligenza artificiale, e il restante terzo sarà affidato all’automazione completa.

 

Il numero di candidature per offerta lavorativa (prima e dopo ChatGPT)
Fonte: Journal of Economic Behavior & Organization, 2025

Nel breve termine, l’accelerazione della produttività generata dall’IA potrebbe avere un effetto negativo sui salari reali, con una fase iniziale di contrazione. A livello settoriale, le attività più esposte all’automazione includono funzioni amministrative, call center, logistica e servizi di back-office. Anche settori più qualificati, come l’analisi finanziaria e la consulenza di medio livello, sono considerati a rischio elevato di sostituzione.

 

L’esposizione all’IA dei diversi settori
Fonte: OECD, 2024


Probabilmente inizieremo a vedere divisioni tra i “Vincitori”, ovvero chi controlla gli algoritmi, i lavoratori con skill “ibride” e i settori che sfruttano il ritorno all’artigianalità e i “Perdenti” come le classi medie in ruoli semi-qualificati e i Paesi senza strategie di transizione.
La vera domanda non è “quanti posti spariranno?”, ma “chi avrà il potere di decidere come sostituirli?”
Nei prossimi anni si creeranno dei fenomeni che non abbiamo mai visto fino ad oggi, come ad esempio: 

  • Il paradosso dell’amplificazione delle competenze
    L’IA non si limita a sostituire i posti di lavoro, ma amplifica il valore di alcune competenze rendendone altre obsolete. I lavoratori più adattabili prosperano, mentre quelli meno flessibili affrontano un’interruzione senza precedenti. Ad esempio, un grafico che utilizza strumenti di IA per la prototipazione rapida aumenta la sua produttività, mentre chi si attiene ai metodi tradizionali rischia di essere superato. L’impatto dell’IA, quindi, non è uniforme e tende a premiare in modo sproporzionato chi sviluppa un rapporto simbiotico con la tecnologia, ampliando le disuguaglianze basate sulle competenze. 
  • Il boom del lavoro emotivo
    Con l’IA che si appropria di compiti analitici e ripetitivi, cresce la domanda di ruoli che richiedono empatia, persuasione e costruzione del morale, competenze che le macchine non possono replicare. Ad esempio, in ambienti di lavoro guidati dall’IA, possono emergere figure come lo “specialista della coesione di squadra” per mantenere alto il morale o venditori focalizzati esclusivamente sulla creazione di fiducia. Questo spostamento del valore economico enfatizza caratteristiche unicamente umane. 
  • La bomba a orologeria dell’obsolescenza
    A differenza delle rivoluzioni tecnologiche precedenti, la capacità dell’IA di automigliorarsi riduce drasticamente la finestra tra un lavoro valido e uno obsoleto, talvolta a pochi mesi. Un coder che oggi scrive script di base potrebbe essere sostituito dall’IA da un giorno all’altro. Questa accelerazione impone un ripensamento radicale dell’istruzione e della formazione, passando da titoli di studio statici ad aggiornamenti modulari e continui delle competenze, spesso erogati dalla stessa IA. 
  • Il rimescolamento geografico dei posti di lavoro
    L’IA, con la sua capacità di operare da remoto, potrebbe decentralizzare i mercati del lavoro, riducendo il predominio dei centri urbani. Le aziende potrebbero privilegiare il talento indipendentemente dalla posizione geografica, favorendo la rinascita di economie rurali o cittadine secondarie. Tuttavia, se le infrastrutture digitali non sono equamente distribuite, potrebbero crearsi nuovi “deserti dell’IA”, con aree prive di opportunità.

Per gli esperti interpellati è unanime la convinzione che i governi non possano rimanere a guardare: la predisposizione di strumenti legislativi, di sostegno al reddito e di formazione continua appare imprescindibile per mitigare gli impatti di breve termine e incoraggiare gli sviluppi più virtuosi di lungo termine.

Il rapporto integrale è scaricabile dal sito dell’Associazione Gianroberto  Casaleggio all’indirizzo www.gianrobertocasaleggio.com/il-lavoro-bionico

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